Parmenide e Zenone
Cosa vuol dire che ‘L’essere è e non può non essere’? Cos’è un paradosso? Perché Achille non può raggiungere la tartaruga?
Sappiamo poche cose sulla vita di Parmenide: nasce ad Elea, nell’attuale Campania, dove fonda una scuola. La sua unica opera è il poema Sulla natura, di cui abbiamo alcuni frammenti.
La parte più importante della sua trattazione è quella riguardante l’ontologia. Per ontologia si intende lo studio dell’essere, cioè di ciò che esiste, si identifica ed è attribuibile di predicato. Parmenide non specifica cosa sia questo essere, ma è più facile comprendere la filosofia di Parmenide se consideriamo l’Essere come ciò che esiste.
Ciò che si avvicina di più ad una definizione è la celeberrima frase l’essere è e non può non essere. Cioè, ciò che esiste, per definizione, non può non esistere. Dunque, tutto ciò che esiste è compreso nell’essere. Da ciò, basandoci sulla logica base e sul principio di non-contraddizione, derivano alcune caratteristiche fondamentali dell’essere.
L’essere è immutabile: se fosse mutabile, infatti, potrebbe giungere a non essere. L’essere è ingenerato: se fosse generato, infatti, ci sarebbe stato un momento in cui non era. L’essere è finito, perché nella mentalità greca infinito significa incompiuto, imperfetto. L’essere è immortale: se fosse mortale ad un certo punto cesserebbe di essere. L’essere è unico: se ci fossero più esseri, uno non sarebbe essere, ma l’essere non può non-essere. L’essere è omogeneo, altrimenti sarebbe divisibile e conterrebbe il non-essere. L’essere è immobile, perché muovendosi sarebbe in divenire e potrebbe non-essere. L’essere è eterno, perché se avesse un inizio o una fine sarebbe generato o mortale.
I sensi, ovviamente, non ci comunicano questo. Dalla nostra esperienza pare evidente che ci sia diversità in ciò che esiste, che le cose siano in divenire e che abbiano un inizio e una fine. Parmenide giustifica questo fatto sostenendo che gli uomini si basino sull’opinione, sull’apparenza.
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