Karl Marx
Borghesia e proletariato
Marx ha quindi analizzato l’anatomia generale delle società umane nella storia. Osservando come funzionano i rapporti di produzione, giunge ad una conclusione fondamentale, riassunta nell’incipit del Manifesto del partito comunista:
La storia di ogni società sinora esistita è la storia delle lotte di classe.
Karl Marx – Manifesto del partito comunista
In ogni periodo storico c’è sempre stata una classe dominante che ha sfruttato una classe oppressa. Se oggi ripensiamo, ad esempio, al feudalesimo, questa divisione ci pare abbastanza chiara. Ma come si applica questo dualismo alla società in cui Marx vive?
Secondo Marx, in una società capitalista la classe dominante è rappresentata dalla borghesia, ossia da coloro che possiedono i mezzi di produzione, i proprietari di fabbrica, per intenderci. Dall’altra parte c’è la classe oppressa, il proletariato, ossia i lavoratori, gli operai.
Per far sì che questa lotta di classi perpetua cessi di esistere, Marx sostiene che sia necessario che il proletariato sovverta l’ordine sociale, mettendo fine alla leadership borghese ed instaurando una vera e propria dittatura del proletariato (che dev’essere temporanea, ma su questo torneremo dopo). Ma come può il proletariato svolgere un tale atto di forza? Ne è in grado? Secondo Marx sì, per diverse ragioni, ma sostanzialmente perché è dal proletariato che la borghesia riceve il suo potere. Scendiamo nel dettaglio.
Plusvalore e pluslavoro
Il potere sociale dei borghesi è dato dal loro potere economico, dal fatto che essi abbiano un accumulo di capitali che permette loro di mantenere una fabbrica, dei mezzi di produzione e degli operai sottopagati. Perché sottopagati? Il punto è proprio qui: secondo Marx, l’accumulo di capitali da parte dei borghesi è possibile solo grazie allo sfruttamento del lavoro degli operai. Essi ricevono una paga inferiore rispetto a quella dovuta per il loro lavoro, da ciò che sottraggono agli operai i borghesi ricavano le risorse da accumulare come capitali. Per dirla in termini marxisti, dallo sfruttamento del lavoro proletario i borghesi ricavano un plusvalore che può essere accumulato, viceversa gli operai svolgono un pluslavoro non pagato.
Da ciò si evince che i borghesi si collocano in una posizione di potere solo grazie allo sfruttamento dei proletari: senza i proletari non potrebbero arricchirsi, quindi non potrebbero aumentare il loro potere. I proletari sono quindi in una posizione ideale per sovvertire il sistema classista, in quanto veri detentori del potere e in quanto non hanno niente da perdere, essendo inseriti in un sistema che si basa sul loro sfruttamento. Nel momento in cui il proletario si rende conto della sua importanza nel sistema il suo lavoro morto, sterile, che lo assoggetta come schiavo, diventa un lavoro vivo, che dà la forza per sovvertire il sistema. Ma come si sovverte il sistema? E dove vuole arrivare Marx?
La rivoluzione proletaria
Dopo essersi resi conto della loro condizione, gli operai danno vita a singole rivolte, che prendono di mira i rapporti di produzione e soprattutto i mezzi di produzione, distruggendo i macchinari e le fabbriche. Marx considera questa una fase di passaggio, inutile al fine della rivoluzione, in quanto gli operai sono ancora frammentati, non sono un gruppo coeso e rivoluzionario, si stanno unendo in piccoli gruppi contro il singolo proprietario.
Lo sviluppo del capitalismo porta gli operai a raggrupparsi in realtà sempre più grandi, rendendosi conto che le loro condizioni sono simili ovunque danno vita a veri e propri sindacati. Lo sciopero sindacale è una forma leggermente più potente, ma per Marx è ancora insufficiente per una rivoluzione permanente. Marx dice però che ogni lotta di classe è anche una lotta politica, dunque i proletari si uniscono in un vero e proprio partito.
Per la rivoluzione è necessaria una sovversione universale del proletariato, un abbattimento non solo dei capitali borghesi, ma anche di tutte le sovrastrutture: la nazione, la famiglia, la politica. Come elemento di transizione deve instaurarsi una vera e propria dittatura del proletariato, quindi uno stato comunista. Ma il vero traguardo a cui Marx aspira non è questo, bensì una società senza classi, senza leggi, senza stato, in cui nessuno è posto nella condizione di sfruttare l’altro, ma si darà e si riceverà in modo equo. Per dirla con un’altra citazione,
Ognuno (lavorerà) secondo le sue capacità, a ognuno (verranno dati dei beni) secondo i suoi bisogni.
Karl Marx – Critica del Programma di Gotha
In conclusione, per chiarire un fraintendimento comune, dopo aver visto il pensiero di Marx possiamo capire senz’altro che l’esperienza politica che tendiamo a collegare al marxismo, l’Urss, pur essendo partita dalle idee del Manifesto, non ha affatto rispecchiato quelle che erano le sue speranze. Non si è mai trattato di una società aclassista, non si è mai superata una fase statale, non possiamo certo parlare di uno stato privo di dittatura.
Questo era il pensiero espresso da Marx nel suo Manifesto del partito comunista 😉
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