Glossario kantiano
Giudizio: Asserzione che connette un soggetto ad un predicato.
Giudizio analitico a priori: Asserzione che, essendo a priori, quindi derivante dalla ragione, è universale e necessaria, ma che è analitica, dunque non fornisce nuova conoscenza rispetto a quella che il soggetto in sé conteneva già. Espressioni tendenzialmente tautologiche. I giudizi analitici a priori sono propri dei razionalisti. Ne è un esempio la frase “i corpi sono estesi”, perché nella definizione di corpo è sottinteso il fatto di essere un elemento dotato di estensione spaziale.
Giudizio determinante: Espressione utilizzata nella Critica del Giudizio per distinguerlo dal giudizio riflettente, esso coincide fondamentalmente con il giudizio sintetico a priori.
Giudizio estetico: Tipologia di giudizio riflettente soggettivo, basato sul sentimento del bello e del sublime.
Giudizio riflettente: Giudizio mediante il quale il soggetto riflette la realtà interiore su quella esterna. Nello schema seguente si evidenziano le sottocategorie del giudizio riflettente:
Giudizio sintetico a posteriori: Asserzione feconda, che quindi fornisce una conoscenza non direttamente derivabile dal soggetto, ma a posteriori, quindi derivata dall’esperienza e non universale né necessaria. Derivando dall’esperienza, sono propri degli empiristi. Ne è un esempio la frase “la rosa è rossa”, che posso asserire vedendo una rosa. Come sappiamo, questa asserzione non è universale e necessaria, infatti esistono anche rose bianche, gialle, rosa, blu etc.
Giudizio sintetico a priori: Asserzione feconda, quindi che fornisce una conoscenza ulteriore sul soggetto rispetto a quella che si aveva in partenza, che essendo a priori, quindi derivante dalla ragione, è universale e necessaria. Secondo Kant questo tipo di giudizi sono quelli che costituiscono la scienza. Un esempio di giudizio sintetico a priori è “5+2=7”, perché non possiamo intuirlo da nessuno dei soggetti in esame se presi singolarmente (quindi è sintetico, fecondo) e perché in nessun modo può essere ricavato dall’esperienza.
Giudizio teleologico: Giudizio riflettente mediante il quale l’uomo individua una finalità negli elementi della realtà. Queste finalità non sono intrinsecamente presenti in tali oggetti, ma essendo questo un giudizio riflettente e dunque soggettivo, è l’uomo che individua tali finalità.
Idee trascendentali: Forme pure a priori della ragione. Sono tre: l’idea di anima, l’idea di mondo e l’idea di Dio.
Idea di anima: vedi Anima
Idea di Dio: vedi Dio
Idea di mondo: vedi Mondo
Imperativo categorico: Legge morale universale e necessaria, che quindi è valida per tutti gli uomini e in qualsiasi contesto. Essa deve essere attuata senza la volontà di perseguire un dato scopo, ma solo perché scelta morale, è quindi una scelta incondizionata. Essendo per Kant l’imperativo categorico una legge razionale, seguirla significa semplicemente agire razionalmente. Per agire razionalmente, l’uomo deve agire in modo universale, quindi nello stesso modo a prescindere dal contesto in cui si trova e dalle persone con cui si rapporta, e deve considerare a sua volta ogni altro uomo come essere razionale. Da qui, Kant delinea le formule dell’imperativo categorico:
«Agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere come principio di una legislazione universale.»
Kant, Critica della ragion pratica
Questa è la formula fondamentale dell’imperativo categorico. La massima è una prescrizione soggettiva, Kant ci dice che perché l’azione dell’uomo sia morale dobbiamo agire in modo tale che questa prescrizione soggettiva possa essere universalizzata senza creare danno alcuno.
«Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo.»
Kant, Fondazione della metafisica dei costumi
Se l’uomo è ragione, trattarlo come mezzo significa strumentalizzare la ragione. Ma anche la morale è ragione. Dunque, strumentalizzare un uomo significa utilizzare la morale come un mezzo, cioè compiere un’azione immorale. Perché un’azione sia morale, è necessario che essa abbia come fine ultimo l’uomo. Quindi è necessario, in ogni azione, restituire ad ognuno la dignità che gli spetta in quanto uomo. In sostanza, è possibile “servirsi” di un altro, ad esempio affidandogli un incarico lavorativo, ma è sempre necessario, in quanto obbligo morale, tutelare la sua dignità.
«La volontà non è semplicemente sottoposta alla legge, ma lo è in modo da dover essere considerata autolegislatrice e solo a questo patto sottostà alla legge.»
Kant, Fondazione della metafisica dei costumi
L’imperativo categorico non è un comando che giunge dall’esterno: la volontà razionale è autolegislatrice. Infatti, dal momento che l’imperativo categorico deriva dalla ragione e che l’uomo stesso è ragione, l’uomo è allo stesso tempo legislatore e suddito degli imperativi categorici.
Imperativo ipotetico: Legge morale cui il singolo sottosta non perché giusta in sé, ma per perseguire un altro scopo. Ad esempio, se scelgo di non uccidere il mio compagno di banco perché non voglio andare in prigione, sottosto ad un imperativo ipotetico: non sto compiendo questa scelta perché ucciderlo sarebbe immorale, ma per paura della pena e, al massimo, perché illegale (che non sempre significa immorale). Se invece scelgo di non ucciderlo perché sarebbe sbagliato, immorale, sto soddisfacendo un imperativo categorico.
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Siete super professionali e precisi! Complimenti
Complimenti per la precisione e per la sintesi